Chiariamo subito: chi scrive esordì su queste pagine con “Una Granfondo vista dal fondo”, quindi non aspettatevi il racconto di sprint, watt, zone ed prestazioni: qui si parlerà di RISPARMIO GESTITO.
Dunque, Milano Sanremo. Due sole parole che evocano molta storia del ciclismo e sollecitano l’immaginario di qualunque appassionato di bicicletta, il quale ambisce a pedalarne il percorso per la soddisfazione di superare una distanza particolarmente impegnativa entrando al tempo stesso nel suo mito di una classica monumento del ciclismo professionistico.
La versione targata Genova/Berra è una 24 ore coast to coast che comincia con le macchinate verso il ritrovo, a notte fonda, con pochissime ore di sonno alle spalle ma tanta adrenalina
in circolo ad alimentare i nostri motori: il motore-mente concentrato sull’obbiettivo, il motore-corpo preparato a completa disposizione per assecondare l’impresa. Sono entrambi indispensabili per riuscire.
Il viaggio verso il mito si compone essenzialmente di quattro parti: Mesero-Acqui Terme (125KM), salita al passo Giovo (35KM più discesa), Albisola-Laigueglia (60KM) e le asperità finali (40KM).
Mesero-Acqui: partenza alle 5, si pedala per più di un’ora al buio, affidandosi alle luci proprie e dei compagni per trovare l’asfalto migliore.
Dopo l’alba la prima sosta, poi di nuovo in marcia, i mezzi a supporto che fanno la spola tra testa e coda rassicurano il motore-mente: è ancora lunga, ma non c’è nulla da temere.
Qualche mangia e bevi e molto vento contrario creano qualche varco nel gruppo, ma Kawasaki vigila e ricuce ed il gruppo si ricompatta all’inizio della salita.
Salita del Giovo: lunga, dolce, funestata dal vento. Si sale a gruppetti, il motore-mente sempre lucido ed in vena di esperimenti scopre che salire a 27KMh senza fatica dietro al furgone si può; il motore-corpo ringrazia.
“Ti riporto dentro”. “Formiamo il gruppetto”. “Facciamoci compagnia”. “Chi c’è dietro?”. “Sono passati tutti?”. Puoi sentire distintamente che l’obbiettivo è comune, il gruppo ti aiuterà a raggiungerlo; il motore-mente ringrazia.
Albisola-Laigueglia, ovvero: l’Aurelia. Vento a favore, si marcia forte il giusto; manca ancora molto, ma non c’è desiderio che finisca: significa che non si sta soffrendo, che ci si sta divertendo.
Le asperità finali, ovvero i capi, Cipressa e Poggio: là dove la Milano-Sanremo dei Pro diventa battaglia: qui tra regolarità, frazionamenti e ricompattamenti ci si molla e ci si ripiglia ma sempre ci si ritrova, il motore-mente che dice al motore-corpo: tu pensa ad arrivare in cima, la macchia blu-arancio sarà là.
Sulla Cipressa si sente l’odore della competizione, ci sono i cartelli rosa, c’è pubblico già caldo: “Papà sono quelli veri?” Si lo siamo, 280KM pedalati sono tutti maledettamente veri, e noi con loro.
Il mitico Poggio è chiuso, il Carabiniere è inflessibile e la mente lo maledice, il corpo senza farsi scoprire gli strizza l’occhio. Il cartello Sanremo è già passato, per oggi può bastare.
Il bello è che non è finita, c’è ancora tutto un terzo tempo ancora da vivere: ci si riassetta in uno scatolone nel parcheggio di un Carrefour, poi tutti a bordo strada ad aspettare i pro, poi tutti al bar a vedere i pro, poi tutti sul pullman ma non si dorme perché ci si racconta quello che succedeva davanti e dietro, la progressione la crisi e la rinascita, poi tutti a tavola e tra cacciagioni e libagioni un dibattito tiene banco: pedalare al risparmio, sempre a regime controllato (tecnicamente: ciucciare le route), appoggiarsi al gruppo con l’accortezza di non essere di eccessivo peso, gestire le piccole defaillance, programmare accuratamente i rifornimenti, soppesare sempre l’esuberanza delle proprie ambizioni con la coscienza dei propri limiti non è forse una scienza pulita ed a volte necessaria per completare una Milano Sanremo?
Si torna verso casa, c’è una borsa in meno ed una persona in più, le bici invadono il pullman, in un tempo più o meno remoto lo avevano fatto con le nostre esistenze, per fortuna.
Ricomposto in ammiraglia, a quasi 24 ore di distanza, l’equipaggio iniziale, la radio manda proprio quella canzone (ancora Sanremo!). Ci si ritrova a canticchiarla, sentendoci vicini al Nirvana, liberazione dal dolore (grazie anche ad un OKI) ed annullamento del desiderio (perchè oggi abbiamo avuto tutto).
Il motore-corpo ha il pilota automatico ed il motore-mente può finalmente riposarsi esalando un unico rimpianto: non abbiamo visto Mesero alla luce del giorno.
Namasté, alé Genova! (e grazie)
Claudio De Girolamo